Ipnosi e psicoterapia a Cagliari

mercoledì 15 febbraio 2017

Lo studio dello psicoterapeuta: da Cagliari a New York.

Care lettrici e lettori,
l'arredamento dello studio di uno psicologo è un elemento importante. Accogliamo chi ha bisogno di aiuto in un luogo che deve trasmettere sicurezza, che deve farci stare comodi e a nostro agio. Se il saggio sulla montagna lo immaginiamo immerso nella semplicità e nella contemplazione, tra le rocce e le piante, lo stesso saggio in città non riceverebbe le persone su una poltrona sfondata e le sedie sgangherate. La saggezza deve tradursi in un'azione pratica effettiva, se rimane solo un'elucubrazione mentale perde il significato intrinseco.
Un arredamento decoroso dello studio è indispensabile per rispecchiare la professionalità dello psicoterapeuta. Ma detto ciò, tutti gli studi sono uguali? Esistono delle differenze tra lo studio di uno psicologo a Cagliari e quello di uno psicologo a Manhattan, o a Delhi?
L'arredamento dello studio in qualche modo rispecchia la personalità del terapeuta che ci lavora.
Ricordo all'inizio della mia professione quando stavo arredando il mio studio, mi trovai a scambiare informazioni con una collega. Le chiesi quale poltrona direzionale avesse scelto, e mi risposte "ma quale poltrona direzionale, 3 sedie prese dalla cucina vanno benissimo".
C'è chi usa la sedia a sdraio della nonna, chi si compra una chaise longue da 800€, o una di design da 2800. Personalità del terapeuta, oltre che disponibilità economiche, appunto.
Ma l'arredamento dipende anche da un'altra cosa, oltre che dalla testa e dal portafoglio:  dal contesto geografico culturale.
Ecco un esempio di uno studio classico americano


Noterete subito che il divano e la poltrona sono il nucleo centrale dello studio. Non c'è la scrivania, perché in America molti terapeuti la usano per riporre timbri o cancelleria varia. La terapia si fa in poltrona. 

Questo sotto è lo studio del dott. Michael Ritter, psicologo di New York. Nel suo sito mette questa foto


Ancora una volta 2 poltrone di cui una col pouf,  e il divano a 3 posti. Noterete come la scrivania sia usata in modo diverso da come la usiamo qui.

Studio della psicologa Dr. Live Hviid di Boston. 

Classico setting da film, questa volta un bel parquet fa da sfondo a 2 poltrone. Tavolino in vetro, molto elegante ospita una lampada dalla silhouette artistica. Strategico l'orologio sopra la poltrona del paziente. Ho scoperto poi che sui cuscini c'è tutto uno studio e un lavoro di personalizzazione, per noi impensabile.


Studio dello scomparso psicanalista Martin Bergman, professore di psicologia all'università di New York.  da buon psicanalista sta alle spalle del paziente che dovrà sdraiarsi sul lettino di freudiana memoria. Studio bellissimo, curato in ogni dettaglio, con una vista da film, da togliere il fiato. Top assoluto. Guardate sotto.


E in Italia?
La scrivania assume generalmente un luolo dove accogliere le persone. Alcuni colleghi utilizzano delle poltrone e divano come fulcro della terapia, sullo stile americano, mentre altri no. Non saprei dire statisticamente quanti usino i divani e quanti usano la scrivania, potrei essere una voce fuori dal coro senza saperlo, ma ne dubito. Posso dire che ciò che entra in gioco è una questione di orientamento di psicoterapia, modus operandi, ma anche di spazi e disponibilità economiche.

Qui sotto potete osservare lo Studio della collega psicoterapeuta breve strategica Lucia Recchione a Roma. Potete osservare la presenza di una scrivania con sedie, queste ultime talvolta assenti negli studi americani, e un'area con divano e poltrona alle spalle. La dott.ssa Recchione mi ha spiegato in proposito che "la scrivania è un luogo non contemplato durante le sedute se non per i saluti finali e per fissare l'appuntamento successivo. Lo spazio principale del dialogo si svolge nella zona del divano/poltrona". Questo conferma che il setting americano viene usato anche qui da noi. 





Sotto: uno degli studi del centro psicologia di monza. Uno scrittoio noce anticato con di fronte 2 sedie per accogliere le persone. Sullo sfondo potete osservare un'area divanetti con un tavolino intonato col parquet. Si intravede una chaise longue Le Corbusier sulla destra. Lo scrittoio, più che scrivania, lascia intendere un uso transitorio e decentrato rispetto al nucleo della terapia.




Se ci avete fatto caso, nella serie TV in treatment il bravissimo Sergio Castellitto che interpreta uno psicoterapeuta, ha uno studio pressoché identico alla serie originale americana, a sua volta ispirata al format israeliano. 





In conclusione vi presento la mia scelta di arredamento personale: sotto, quella che in inglese prende il nome di lounge chair, per l'ipnosi, con accanto lampada a stelo, indispensabile per creare un'atmosfera tenue al calare della sera. Sulla parete sinistra il dipinto di una spiaggia, donatomi da una mia paziente.


Sotto: il nucleo dove si svolge il mio lavoro. La scrivania ad arco in vetro temprato si contrappone al dipinto "Yellow-red-blue" di Kandinsky. Sullo sfondo un elemento essenziale per me: la lavagna magnetica sulla quale rappresentare e schematizzare la struttura della terapia.


Sotto: particolare della scrivania ad arco con sotto un prezioso tappeto Nain persiano sulla cornice del parquet. Un'elegante pianta si erge su di un vaso in resina tondo. Nulla è stato lasciato al caso.
Aggiornamento 25/02/2017 : le sedie e la poltrona verranno sostituite in questi giorni. 







Mi piace considerare il fatto che i colleghi delle altre parti del mondo adoperino strategie e modus operanti che ci accomunano. Molti colleghi americani sono eclettici, specializzati in più orientamenti, come me. In Italia per ragioni principalmente economiche e culturali, moltissimi psicoterapeuti sono specializzati in un'unico orientamento, a discapito dell'efficacia. Nessun orientamento è a prova di bomba, e qualunque paradigma teorico ha degli svantaggi. Conoscere più orientamenti significa colmare le lacune del singolo. Io ne conosco almeno 5.
E sono convinto che per essere efficaci bisogna essere sempre 1 passo avanti rispetto alla persona che abbiamo di fronte, sapere sempre cosa fare, prevedere ciò che accadrà, anticipare le reazioni. Essere alla stessa velocità mentale del paziente significa venire sconfitti, che si traduce in terapie che durano 10 anni e non portano ad alcun risultato concreto.

Dott. Delogu

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